La mia recensione del Monster 620S i.e.

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Dueruote
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La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da Dueruote » mar lug 31, 2012 3:50 pm

Capisco che il Mosnter 620S i.e. sia ormai una moto piuttosto vecchiotta e che scriverne una recensione su SV-Italia sia quasi come pisciare in chiesa, ma ormai l'avevo scritta e quindi ve la propino per rompervi le balle !

:roftl:

MONSTER 620S i.e.

Questa moto ormai è fuori produzione da diversi anni, ma credo che possa essere utile scrivere comunque una recensione visto l'elevato quantitativo di usato presente sul mercato.

Il Monster 620 è stato il primo "piccolo" ad iniezione di casa Ducati e seguiva a ruota il precedente 600cc a carburatori. Le differenze tra i due non si limitano comunque alla sola alimentazione, ma spaziano lungo tutta una serie di altri particolari.
Alcuni di questi sono le frecce ad ogive in luogo delle precedenti squadrate, un codino più arrotondato, il secondo disco di serie (tranne alcune annate della versione "dark"), il contagiri di serie, l'immobilizer elettronico, l'orologio con scadenzario degli interventi e quasi 10CV di maggiorazione come potenza massima.
Il modello che mi è dato di avere in prova tutto l'anno, in quanto proprietà della mia dolce metà, è per l'esattezza la versione "S". Questo allestimento era da considerarsi quello più ricco tra tutti quelli presenti. Alcune chicche sono il puntone dell'ammortizzatore posteriore regolabile, una sella più alta di 2cm, il cupolino in tinta, il coprisellino in tinta, il forcellone in alluminio mutuato dalla versione 900cc ed un'ampia profusione di pezzi in carbonio (parafanghi, fianchetti e la copertura delle marmitte in prossimità del tallone).

Comincio subito dicendo che il vecchio Monster con telaio completamente in acciaio al cromo-molibdeno, quello prodotto sino alla versione di 695cc e sostituito in seguito dalla versione con struttura mista, non è esattamente una moto assimilabile ad altre e conseguentemente tende a suscitare sensazioni estreme in senso positivo oppure negativo.
Non è una moto nuda, perché nasce da un progetto sportivo. Non è una sportiva, perché non possiede il propulsore per esserlo e quel manubrio largo non è l'ideale per una guida in pista. Non è una viaggiatrice, perché troppo essenziale e scomoda per esserlo.
Quindi ?

Secondo me, nel bene e nel male, il vecchio Monster è qualcosa che non ha eguali nel campo motociclistico. Non la si deve comprare perché migliore della concorrenza e nemmeno per cercare di essere i più veloci sul passo appenninico preferito (consigliando sempre a tutti di mantenersi nel limite del criterio e buonsenso).
Questa moto, specialmente nella variante di cilindrata più piccola, deve essere comprata semplicemente se si è ammaliati dalla sua estetica e si cerca qualcosa che sappia essere differente da tutto il (rispettabile) resto.
La potenza del propulsore non è comparabile con la concorrenza di pari ed inferiore costo, ma tale aspetto non deve trarre in inganno. Il Monster nasce come moto per un utilizzo sportivo ed il suo DNA è orientato proprio in tal senso. La differenza con la maggior parte della concorrenza risiede proprio nel modo in cui il divertimento deve essere ricercato.

La cilindrata 620cc del 2001 offre poco più di 60CV ed appena cinque marce per poterla sfruttare appieno. Poca cosa sulla carta e probabilmente anche sul cronometro, ma nessuno esce di casa circondato da pubblico festante, giudici di gara, cordoli e vie di fuga. Quello che questo piccolo gioiellino (termine che non viene usato per indicare la mancanza di difetti) può offrire è una guida realmente molto divertente su strada ed una sicurezza sempre oltre ogni dubbio. La ciclistica generale è studiata per ospitare un propulsore decisamente più performante e ciò si riflette sulla guida. Questa moto perdona gli errori e diverte senza che ogni oggetto accanto a noi scivoli lontano a velocità curvatura, situazione che molti credono si saper gestire e pochi sanno realmente fare.
Cerchiamo di capire. Le sospensioni non sono regolabili, ma sono tarate bene per una guida discretamente sportive e sono di buona qualità per la fascia di prezzo del mezzo (il posteriore è dotato di leveraggio progressivo). Il telaio è solido come una roccia e trasmette bene tutto quello che succede. I freni fanno parte della serie oro della Brembo e sono dotati di pinze a 4 pistoncini lavoranti su dischi da 320mm, il tutto condito con tubi in treccia di serie. Il manubrio è largo e basso, in modo da consentire un buon controllo in movimento tenendo al contempo molto caricato l'anteriore.

Credo sia impossibile non riconoscere un Monster incontrandolo in senso opposto. La posizione di guida con braccia larghe e casco basso sull'anteriore sono inconfondibili. Non si può trovare, sempre nel bene o nel male, la medesima postura in altre moto.
Il punto dove siamo arrivati, per farla breve, è quella di avere un mezzo da 60CV con una ciclistica ampiamente adatta per quasi il doppio della potenza. Questo permette, volendo, di potersi sbizzarrire in una guida rotonda e divertente. Una ciclistica di tale genere permette letteralmente di danzare tra le curve ed abbondare con l'acceleratore, rimanendo contemporaneamente un buon margine di protezione. Lo sforzo psico-fisico per mantenere andature brillanti è tutto sommato ridotto.

Come se questi aspetti dinamici abbastanza positivi non bastassero, possiamo dire che il Monster 620 è uno dei mezzi di questa cilindrata più leggeri sul mercato. Non serve fare modifiche al mezzo. Si compra si parte senza ritoccare sospensioni oppure freni, senza avere ondeggiamenti, senza avere incertezze in staccata e senza sentire il bisogno di spendere altri soldi.
Si vuole uscire come razzi dalle curve e polverizzare gli amici al semaforo oppure nel tratto casello-casello ?

Non è la moto adatta. Punto. Non la si potrebbe mai apprezzare. Non è una moto perfetta e non è una moto potente. Chiunque cerchi queste cose, semplicemente potrebbe rimanere deluso. Il Monster non si prende, almeno in questa versione, per la potenza esuberante oppure le prestazioni pure.
Questa moto nasce per offrire una bella guida, rotonda e sicura. E’ facilissimo riuscire a disegnare curve perfette persino nei tratti più veloci, approfittando dell’ottima stabilità del mezzo. Solo i tornanti più stretti metteranno in difficoltà all’inizio a causa della necessità di guidare questa Ducati (come quasi tutte quelle vecchio stampo) di corpo e con decisione. Si potrà godere dell’ottima frenata, la quale è sempre perfettamente modulabile e può arrivare senza sforzo eccessivo a decelerazioni veramente notevoli. Non bisogna dimenticarsi che, con poche varianti, questo impianto era montato dalla casa anche sui modelli più sportivi. L’unico vero limite ad una guida molto sportiva sono gli scarichi che, sebbene non sia certo il nostro caso, possono arrivare a toccare terra ben prima del canonico ginocchio.
Un male sotto certi aspetti, ma anche un limite naturale che aiuti a non esagerare. Il problema può essere risolto comprando scarichi alti, ma la mia idea è che la spesa non valga il vantaggio.

Il motore è il pezzo forte ed il pezzo debole al punto stesso. Chiunque abbia avuto il piacere di guidare una Suzuki SV650, diretta rivale del Monster 620, potrà aver notato come l’unità giapponese sia superiore praticamente lungo tutto l’arco d’erogazione. L’allungo della moto bolognese è meno deciso ed anche i bassi regimi patiscono un pochino dall’avversaria orientale, sebbene di poco.
Dove Ducati riesce a fare meglio è sicuramente nell’erogazione perfetta (a patto di avere sempre una carburazione eseguita da buoni meccanici), lineare e priva di qualsiasi sussulto. E’ facile, è piacevole.... non è emozionante. La passione non viene dalle prestazioni pure, ma principalmente dalla stupenda tonalità che anche gli scarichi originali sanno produrre. Fantastica al minimo, piacevole ai medio-bassi e fantastica crescendo... al punto che spesso sembra di procedere a velocità maggiore rispetto a quella reale.
La frizione (a bagno d’olio) è sempre modulabile e discretamente leggera per una moto di Borgo Panigale ed il cambio è abbastanza preciso, sebbene leggermente duro. Questo aspetto può comunque dipendere dall’olio che si decide di utilizzare.

In sostanza si tratta di una moto equilibrata. Il suo terreno ideale sono le strade piene di curve e la città, dove risente solamente un pochino delle buche. I viaggi sono fattibili e noi non ce li siamo fatti mancare, ma la posizione discretamente caricata sui polsi invita a non fare più di 3-400Km senza scendere. La versione “S” dotata di cupolino protegge abbastanza bene dall’aria o quantomeno più di quanto non possa sembrare, quindi a velocità da codice si viaggia bene. Le vibrazioni si sentono, ma la loro frequenza è sempre piuttosto bassa (a meno di non passare oltre gli 8000 giri). Non direi che possano risultare fastidiose, quanto piuttosto peculiari del mezzo.
Le pedane sono poco distanziate dalla sella e coloro che superano i 180cm di altezza potrebero assumere una postura troppo rannicchiata, sebbene sul modello “S” questa cosa sia meno evidente rispetto a quello standard e soprattutto a quello “Dark” (più basso). Il freno posteriore è discreto e ben tarato. Non ha una gran potenza, ma non rischia mai di bloccare il posteriore.

Il serbatoio è discretamente stretto e ben sagomato. Si afferra bene con le gambe e questo ha riflessi positivi nei percorsi tortuosi, dove ci si può aiutare nei cambi di direzione. La capacità è di 16 litri. Non sono tantissimi, ma i consumi della moto (quando ben carburata) sono ridicoli. Nell’utilizzo che ne abbiamo fatto siamo passati dai 20Km/l in montagna senza lesinare sino ai 27Km/l facendo turismo a velocità da codice. A ben pensare parliamo di un’autonomia superiore ai 300Km. Non male davvero.
Ultimo punto per l'affidabilità. Se dovessi dire che è perfetta mentirei, ma è anche vero che spesso i difettucci sono sulle piccole cose ed è possibile ripararli in casa o comunque a basso costo. La nostra moto ha 32.000Km ed è stata immatricolata a Luglio 2001, quindi compie 11 anni al momento di scrivere questa recensione. Ancora oggi non consuma un grammo d'olio, si accende al primo colpo, funziona perfettamente, necessita di poca benzina e la vernice è ancora brillantissima.
Qualche difetto c'è stato, ma tutte le moto ne hanno qualcuno.

Provvedo ad un elenco degli interventi anomali e/o straordinari rispetto ai normali tagliandi :

- Ruggine e perdita nel serbatoio risolta in casa con un kit di resina ricoprente dal costo di 50 Euro.
- Riparazione degli sfiati del serbatoio, diventati secchi nella parte meno esposta alla lubrificazione della benzina. Nessun costo.
- Sostituzione prematura del kit catena-corona-pignone a soli 16.000Km. Costo di 160 Euro compresa manodopera.
- Eliminazione del parafango in carbonio che, a causa di un suo cattivo disegno, toccava la catena ai bassi regimi causando un fastidioso rumore. La sua vendita ha fruttato 90 Euro.
- Riparazione del filo di contatto del cavalletto, il quale si è usurato strisciando contro il cannotto di sterzo. Lavoro fatto in casa a costo zero.
- Riparazione di una perdita d'olio (difetto conosciuto dei Monster del 2001-2002) dalla base del cilindro verticale. Costo di 100 Euro.

A chi mi sentirei di consigliare questa moto ?
Beh... sicuramente a tutto coloro che amano il marchio Ducati oppure semplicemente apprezzano l’estetica senza età del Monster, ma non sentono la necessità di una potenza elevata. I neofiti potrebbero trovare una moto facile con la quale cominciare ed anche chi fosse di bassa statura, come spesso accade per le donne, troverebbero una moto adatta e molto leggera.

A chi sconsiglio la moto ?
A tutti coloro che si aspettano una superbike e che si aspettano una potenza allineata con la migliore concorrenza. Questa moto non è un SV650 e non vuole esserlo. Non è migliore e non è peggiore, ma è diversa. Offre una buona ciclistica, buoni freni, discreti consumi e costi di manutenzione ridotti rispetto alla media Ducati. Vuole fare della bella guida il suo punto di forza, senza che questo significhi alte prestazioni e senza avere fretta. Si sceglie quasi come si sceglie una Harley-Davidson... per il suo spirito.
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Re: La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da _GM_ » mar lug 31, 2012 4:27 pm

Complimenti per la recensione :wink:

Per due volte son stato vicinissimo ad un Monster, prima di prendere l'SV e dopo.

Ora non è il mio genere, però devo ammettere che mi piacerebbe averne una delle prime :wink:
NOW: Waiting for...BOH!
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EX: '99-'02 "Serie perfetta" 8)
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Re: La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da Dueruote » mar lug 31, 2012 4:40 pm

L'SV650 è comunque un'ottima moto. L'ho utilizzata diverse volte.
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Re: La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da nitosv » mar lug 31, 2012 8:06 pm

Complimenti pr la recensione, è "da rivista specializzata" anzi ne ho lette spesso di peggiori e meno dettagliate......
Veniamo al sodo :
Anche io sono stato attirato negli anni 2000 dai vari monster, a dire il vero esteticamente mi faceva impazzire l'S2r (e bravo dirai tu) però anche il base non mi dispiaceva, anche se rimanendo in quegli anni gli preferivo hornet, z750 etc (rispetto al base)
Fatto sta che prima di acquistare l'SV ne avevo uno usato per le mani che provai anche :
ovvio la mia prova non è minimamente paragonabile alla tua , che praticamente è come se la possedessi......
Salito in sella subito notai una sensazione di troppa comodità : non mi sembrava neanche di stare su una moto, sembrava un giocattolone, tendente quasi al custom..... non so se riesco a spiegarmi, comuque non mi paiceva......
La metto in moto e via, come dici tu il motore non emoziona, io non cercavo certo una SBK però a quel motore sembrava mancasse qualcosa............ :-?
Per il reparto ciclistica-telaio-freni-forcella-momo, non mi posso esprimere perchè la mia prova è stata troppo limitata, probabilmente facendo un giro in qualche passo avrei apprezzato anche io le quote ciclistiche,.........
Diaciamo che non rimpiango di aver preso l'SV, primo perchè mi piace di più esteticamente, poi per il motore che secondo me per quel poco che ho provato regala più soddisfazioni a 360 gradi..... Avevo l'occasione di provarla da un mio amico qualche anno fa, e giusto per curiosità lo avrei fatto volentieri poi ci siamo un po persi di vista e forse ora l'ha venduta..............
Diciamo che se prima un neofita mi avesse chiesto : prendo l'SV o il 620 ie ? La mia risposta sarebbe stata : se vuoi divertirti prendi l'SV :D ora , leggendo la tua recensione, che mi sembra molto equilibrata, forse gli direi : provale entrambe, perchè poi alla fine ognuno cerca qualcosa di diverso dalla moto........ :wink:
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Re: La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da Dueruote » mer ago 01, 2012 8:45 am

Beh... è una questione di gusti. Personalmente sono un sostenitore dell'SV650, tanto che sono iscritto da secoli su questo forum pur non avendo MAI posseduto tale Suzuki.

:)
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Re: La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da SpeedMaster » mer ago 01, 2012 10:13 am

leggendo la tua recensione (molto bella), mi viene da dire che è una moto da trentenni. Io ho 32 anni e fino a una settimana fa avevo una street triple. Una moto fantastica, bellissima (per me ovvio) leggera, agile e che va come un missile. Va veramente forte! Anche troppo in realtà, infatti negli ultimi mesi mi ripetevo spesso " cavolo quanto corre, ma che ci faccio in strada?". Da allora ho iniziato a vedere altre moto, che fino a 5 anni fa snobbavo come "cancelli" sotto una luce diversa. Questa nuova linea di pensiero ha fatto si che ora in garage ci sia una stupenda Moto Guzzi V11.. accanto alla street ovvio :lol2: quella va come un missile :lol:

Consiglio a chiunque possa di provare una moto come il V11, perchè c'è da spaccarsi dal divertimento. Fa tutto ciò che le moto moderne non fanno, tipo: vibrare e scuotere violentemente il pilota, rifiutarsi di fare le curve, rompersi in maniera stupida e farti credere di andare a mille mentre in realtà sei a 90.

Rigurado al rompersi in maniera stupida, propio ieri ero andato a prendere dei relè di ricambio (difetto calssico del v11), in previsione di una futura rottura (la moto andava perfettamente). Beh, mi si è rotto il relè in mano mentre lo toglievo dalla morsettiera e ovviamente il negoziante non aveva voglia di riaprire il magazzino (poverino erano le 18.25 :testacalda: ). Quindi mi sono spinto la leggera bestiola con i suoi 230kg di morbidezza fino in ufficio e con un colpo di saldatore ho riparato il relè. Alla fine è stato un problema stupido ma dubito che con la street me la sarei cavata con così poco; oddio la street non si sarebbe rotta..


Comunque per concludere, adesso capisco perchè tanta gente amava il V11 quando io lo screditavo, è una moto che ti da altro oltre il " monta in sella e parti", quando la guidi, devi guidarla veramente sennò non curva. 100km di curve con il V11 li senti tutti. Non è un elettrodomestico come le altre, è veramente una moto, e sa che non lo deve dimostrare a nessuno.

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Re: La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da solenero2 » mer ago 01, 2012 12:49 pm

mi unisco ai complimenti per la recensione...posso consigliarti la eventuale pubblicazione sul sito ciao.it secondo me ti becchi un diamante..(20€)
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Re: La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da Dueruote » mer ago 01, 2012 1:05 pm

Fatto...
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Re: La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da Dueruote » gio ago 02, 2012 10:58 am

Intanto che c'ero... ho riscritto anche quella che avevo fatto per la ST3 !


Ducati ST3 - 2004


Questa moto rientra di diritto nell'annovero delle grandi realizzazioni riuscite a passare quasi inosservate nel panorama a due ruote del nostro paese. Nel 1996 la Ducati sorprese il mercato con una realizzazione capace di unire doti dinamiche eccellenti con la possibilità di viaggiare assistiti da una buona comodità di guida. La nuova esperienza motociclistica proposta da Borgo Panigale si chiamava ST2 ed inaugurava un filone lungo 10 anni, quello delle sport-tourer all’italiana.

Il percorso evolutivo di questa divoratrice di chilometri ha visto alternarsi diverse versioni, le quali hanno fatto sfoggio in alcuni casi addirittura dei performanti propulsori a quattro valvole mutuati dai mezzi più sportivi della casa bolognese, quali il 916cc ed il 996cc vittoriosi nel mondiale superbike. Correva l’anno 2003 quando, nell’ottica di un restyling del modello, venne realizzata la prima ST3.
L’estetica era stata rivisitata in alcuni particolari, tra cui un protettivo e maggiormente moderno cupolino, ma fu sicuramente il propulsore ad attirare l’attenzione degli esperti. Il blocco prescelto fu l’unità di 992 centimetri cubici, munito di doppia accensione, che equipaggiava in quel momento la Multistrada e la Supersport, ma le modifiche ad esso apportato furono tali da renderlo praticamente qualcosa di completamente nuovo.

Alesaggio e corsa dei pistoni vennero lasciati invariati, ma comparirono invasi per il raffreddamento a liquido ed una terza valvola per ognuno dei due cilindri. La potenza venne incrementata solo leggermente, sino a 102CV nella versione iniziale Euro 2, al fine di dotare questa moto di una dolcezza d’erogazione decisamente migliorata ed un’affidabilità a prova di vacanze in giro per il mondo. Dolcezza e carattere furono l'obbiettivo principale della casa.
Il tentativo di conquistare una fetta di mercato superiore nel settore del turismo a due ruote ebbe il suo sfogo in alcuni particolari di pregio quali il faro regolabile elettricamente, la sella maggiormente imbottita (dotata anche di rilievo per evitare al passeggero di scivolare in avanti), la presa di corrente a 12V, la retro-illuminazione azzurra per la strumentazione ad attivazione automatica, l’immobilizer ed il completo computer di bordo.

Queste le premesse, ma passiamo a girare la chiave. La prima cosa da fare è attendere che l’elettronica di bordo completi l’autodiagnosi delle funzioni.
Tiriamo la frizione e spingiamo il pulsante d’avviamento solo un attimo, come descritto da libretto, scoprendo che anche questa fase è diventata territorio dell’elettronica. Il tentativo di accensione risulta essere gestito interamente dalla centralina che insiste, per un massimo di alcuni secondi, fino all’accensione del mezzo.
Il motore si accende prontamente ed è possibile riconoscere il rombo Ducati fare coppia con il tintinnio tipico della frizione a secco, presente unicamente sul modello 2004 in prova e poi sostituita dal 2005 con una a bagno d’olio, dotata in questo caso di carter forato.
Si innesta (rumorosamente) la prima e la partenza per un lungo viaggio è servita. Il peso della moto non è bassissimo in termini assoluti, ma si annulla magicamente già a velocità ridicole rendendo la guida rilassata e naturale. La notevole coppia fornita dal propulsore è disponibile a regimi molto bassi e diventa veramente difficile rispettare gli stretti limiti di velocità imposti dal territorio urbano, nostro iniziale terreno di prova. A questo si deve aggiungere una certa irregolarità sotto i 2500 giri/min. e questo complica un pochino la situazione.

Il traffico non rende giustizia agli ingombri leggermente abbondanti della ST3, la quale deve fare i conti con un progetto improntato a ben altri orizzonti rispetto ai palazzi della città. Alla guida si capisce immediatamente come lungo le linee della filante carenatura debba scorrere un vento carico di sogni e libertà, che mal si coniuga con le costrizioni di tutti questi semafori. L’erogazione risulta piuttosto regolare per essere una rossa bolognese, ma la frizione a comando idraulico, dura e troppo pronta, non aiuta a gestire la potenza rilassatamente.
Finalmente lasciamo le mura urbane con destinazione le sinuose curve romagnole (quelle d’asfalto). La prima strada si snoda tra Faenza e Modigliana lungo 15Km di curve veloci, fondo stradale discreto e traffico contenuto. D’un tratto gli scarichi, piacevoli anche nella civile configurazione originale, tornano ad essere la colonna di questo viaggio. Scaliamo un paio di marce dopo tanto sonnecchiare nelle zone basse del contagiri e speriamo che la moto non si sia troppo rilassata. Ruotando l’acceleratore, ad onor del vero senza ritegno alcuno, il carattere dolce cambia di colpo e ci si sente improvvisamente parte dell’apertura di Enter Sandman dei Metallica. L’accelerazione non può essere confrontata con quella dei mezzi più potenti sul mercato, ma la spinta è veramente coinvolgente. Credo che sia dovuto anche alle piacevoli vibrazioni del bicilindrico desmodromico, ma sembra proprio di godere di prestazioni superiori a quelle reali.

La velocità sale senza particolari picchi, ma con una sostanza che lascia intuire come il DNA di famiglia non sia stato tradito. Le vibrazioni, come anticipato in precedenza, diventano parte delle sensazioni corporee di cui si può approfittare su questa moto e rendono superfluo buttare l’occhio sul contagiri. Sembra quasi che la moto ci parli !
Le prime pieghe mostrano una ciclistica sana ed un moderato piglio sportivo, tuttavia al contempo è facile notare come Ducati abbia decisamente privilegiatola stabilità di guida alla velocità d’impostazione.
Un occhio al tachimetro suggerisce di dare un pochino di riposo al polso destro per godersi fluidità di guida ed il paesaggio perché, se da un lato questa sportiva in incognito risulta ancora essere infinitamente sotto i propri limiti fisici, d’altro canto è vero che gli utenti della strada potrebbero non essere pronti a vederci sbucare mentre grattiamo gli stivali in piega.

Senza tensione, senza fretta e con la voglia di respirare un pochino d’aria fresca sulle cime che dividono Toscana e Romagna da tempo immemorabile… si scopre lo spirito più puro di questa moto capace di danzare tra le curve senza mai affaticare il pilota.
Il propulsore corposo ci lascia liberi dalla schiavitù del cambio mentre le sospensioni, perfettamente tarate per una guida sportiva e assennata, ci cullano in una danza fatta di mille dolcissimi cambi di direzione. Ogni movimento del corpo avviene in maniera estremamente naturale e credo si possa dire che l’essenza del turismo sportivo riesca a pervadere persino l’anima, spazzando lontani lontani tutti i pensieri che ci affliggevano prima di partire. Una moto amichevole, ma che deve anche essere capita nel principio.
Se è vero che questa è forse una delle Ducati più facili di sempre, d’altra parte è anche vero che il telaio e la ciclistica sono sempre quelli tipici di Borgo Panigale. Questo si traduce nel fatto che chi si aspetta un mezzo che scenda in piega da solo e si guidi senza utilizzare un minimo di forza, potrebbe rimaere deluso. Non si tratta di una moto giapponese ed è necessario utilizzare una guida di corpo per poter ottenere una completa obbedienza dalla ST3. Credo che non sia nè un pregio nè un difetto, ma sicuramente una peculiarità che bisogna mettere in conto.
Quando si ralllenta un attimo il ritmo, salta fuori la vena turistica della moto. La sella imbottita, il cupolino estremamente protettivo ed il borbottare pacioso del motore ai medi regimi non ci fanno accorgere assolutamente del tempo che passa. Decisamente si possono macinare tanti chilometri in tranquillità.

Imboccando strade più strette e colme di tornanti, ci si rende conto della mole della moto. Il motore a tre valvole leva sempre d’impaccio grazie alla poderosa “schiena” di cui è dotato, ma lo svantaggio rispetto a moto maggiormente agili (nude e supermotard in testa) è palese. Questo non deve comunque intimorire perché i freni perfetti e l’equilibrio generale permettono, dopo un poco di pratica, di avere un buon passo senza troppa fatica. Notevole il lavoro svolto in accelerazione al posteriore dalla coppia composta dal cinematismo progressivo e dall’ammortizzatore Sachs completamente regolabile, la quale dona una sensibilità invidiabile permettendo, se ve la sentite, anche qualche “garbata” derapata di potenza.
Una nota di merito deve essere spesa per lo strettissimo serbatoio ed i semi-manubri larghi nonché leggermente rialzati. L’insieme di questi fattori dona un controllo veramente ottimale in ogni condizione, traducendosi in puro piacere di stare in sella (morbida) e scarso affaticamento psico-fisico (a meno di fare solo del misto strettissimo).

Si torna a casa, ma decidiamo di farlo per una strada diversa e maggiormente improntata alla velocità media. Lunghi rettilinei ci offrono la possibilità di provare la protezione aerodinamica in condizioni non troppo dissimili da quelle autostradali e senza allontanarci troppo dai limiti imposti dal codice. Il risultato non è nulla di diverso da ciò che ci si sarebbe aspettati, ovvero un ottimo comfort di guida ed un’assenza quasi totale di turbolenze. Tenere andature sostenute per lungo tempo (dove è possibile), non è un problema.
Siamo arrivati. Il percorso previsto è stato anche troppo breve e questi 350Km sono sembrati semplicemente volare. Parcheggiamo in garage sul cavalletto centrale (utile su terreni instabili e per la manutenzione) utilizzando la leva d’ausilio e mettiamo il lucchetto fornito di serie dalla casa. Salutando gli amici non è difficile scrutare nei loro occhi stanchi una punta d’invidia per la nostra freschezza e la voglia di provare questa moto strana ed ibrida. Forse la prossima volta.

La Ducati ST3 non è solo un buon prodotto, largamente incompreso dal mercato, bensì un inno a tutta la categoria a cui appartiene ed alla semplicità di godere del viaggio prima ancora della destinazione. Non si può giudicare vedendola ferma da un concessionario e non è possibile capirla senza averle dato il tempo, nonché i chilometri, per permetterle di farci dimenticare i nostri problemi.


Pregi

Piacere di guida
Stabilità granitica
Consumi reali (mediamente da 18Km/ ai 21Km/l)
Coppia ed erogazione
Velocità cambio
Effetti sonori allo scarico ed alla frizione
Vibrazioni
Dotazione di serie
Sospensioni perfette per la guida sport-tourer
Frenata
Protezione aerodinamica
Comfort, abitabilità e posizione di guida
Visibilità specchietti
Illuminazione faro anteriore


Difetti

Peso
Estetica (frontale poco raccordato col posteriore)
Cambio rumoroso e saltuariamente poco preciso
Frizione dura e poco modulabile (solo modello con frizione a secco)
Scarsa precisione indicatore consumi e serbatoio
Assemblaggi non sempre precisi (plastiche)
Forcella regolabile solo nel precarico
Sospensioni morbide nella guida marcatamente sportiva
Agilità scarsa (necessita guida di corpo)
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Re: La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da solenero2 » gio ago 02, 2012 12:11 pm

hai talento...su ciao.it con le opinioni ben scritte puoi fare un po' di grana...ce qualcuno che lo fa' quasi di mestiere, nel senso che ci cava un piccolo stipendio
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Re: La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da Dueruote » gio ago 02, 2012 12:20 pm

Sono entrambe su Ciao.it, ma non credo se ne ricavi nulla... penso.
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Re: La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da solenero2 » gio ago 02, 2012 12:30 pm

io so' che qualcuno lo fa' in modo sistematico e viene ripagato (è successo anche a me) con il diamante(20€) poi ad ogni clic prendi qualche soldo io ho ca. 100 opinioni su ciao alcune sono state viste migliaia di volte. Pubblica i tuoi link qui che ti voto
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Re: La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da Dueruote » gio ago 02, 2012 1:28 pm

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Re: La mia recensione del Monster 620S i.e.

Messaggio da Dueruote » ven ago 03, 2012 9:43 am

Ho visto il voto... grazie !
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